Il chirurgo capo-equipe risponde penalmente anche per gli errori dei suoi collaboratori
Con una nuova pronuncia in materia di malasanità, la Corte di cassazione ha sancito la responsabilità penale del chirurgo capo-equipe, in caso di decesso del paziente, anche per gli errori dei suoi collaboratori. Secondo la Corte, infatti, la cooperazione tra più soggetti con competenze diverse, che connota il lavoro in equipe, va sottratta all'anarchismo e deve essere necessariamente diretta e coordinata dal capo del gruppo di lavoro.
Il capo-equipe, in sostanza, è parzialmente sottratto al principio di affidamento e ha la responsabilità di una costante e diligente vigilanza sull'attività del gruppo, anche successiva alla conclusione dell'atto operatorio in senso stretto.
Dinanzi alle molteplici e differenti situazioni che possono verificarsi durante un intervento, il chirurgo responsabile dovrà quindi avvalersi necessariamente del ruolo istituzionale che gli è stato affidato. In ogni caso i giudici precisano che la sua responsabilità non può essere di certo considerata priva di limiti ma emerge solo con riferimento a determinazioni che rientrano nel sapere comune di ogni accorto terapeuta o che riguardano gli ambiti interdisciplinari, mentre è da escludersi con riferimento a determinazioni che presuppongono un sapere altamente specialistico. Nel caso di specie, il chirurgo capo-equipe, pur avendo manifestato un'opinione che poi si dimostrò corretta, non impedì all'anestesista di addormentare la paziente, nonostante le complicanze che ne causarono il decesso. Secondo i giudici egli, in possesso delle conoscenze necessarie per ponderare le implicazioni connesse all'anestesia curarica, avrebbe dovuto sospendere l'atto operatorio che, peraltro, era urgente ma non impellente. A causa del suo comportamento negligente, sulla base della sentenza n. 33329/2015 il chirurgo dovrà quindi rispondere penalmente per il decesso del paziente.