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Così il segretario nazionale Nursind interviene sul ddl
attualmente all'esame della commissione Sanità del Senato. "Si
dovrebbero estendere gli obblighi di carattere informativo
previsti in capo agli intermediari per le polizze singole anche alle
polizze collettive ed eliminare la possibilità di 'inglobare'
all’interno di una quota associativa di qualsiasi tipo il premio
assicurativo della polizza senza che la composizione del costo sia
nota all’Assicurato".
Così il segretario nazionale Nursind interviene sul ddl attualmente all'esame della commissione Sanità del Senato. "Si
dovrebbero estendere gli obblighi di carattere informativo previsti in capo agli intermediari per le polizze singole anche alle polizze collettive ed eliminare la possibilità di 'inglobare' all’interno di una quota associativa di qualsiasi tipo il premio assicurativo della polizza senza che la composizione del costo sia nota all’Assicurato".

Suprema Corte di Cassazione Penale Quinta Sezione
Sentenza 29 maggio – 11 settembre 2013, n. 37314
(Presidente Ferrua – Relatore Lignola)

Nella sentenza in commento, la Cassazione ha precisato che integrano il reato di falso in atto pubblico, disciplinato dall’art. 476 c.p., aggiornare la cartella clinica in più tempi ovvero in momenti successivi poichè è del tutto irrilevante la veridicità del contenuto della modifiche apportate e, inoltre, il contenuto della cartella deve rappresentare in ogni momento la fase della malattia del paziente.

Il caso esaminato dalla Corte riguardava una dipendente ospedaliera che, a distanza di tempo, aveva inserito nella cartella una dicitura specifica relativa a degli esami affrontati dal paziente che, tra le altre cose, non era stata neppure informato. Per questo motivo la donna veniva sottoposta a procedimento penale per il reato di falso materiale in atto pubblico.

 

Art. 476 Codice Penale
Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

 

 

Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni.

 

La scrivente Organ. Sindacale Nursind oltre un anno fa, denunciò la propria contrarietà all’utilizzo di Infermieri “interinali” nella ASL di Pescara in sostituzione degli Infermieri a tempo indeterminato, inviando una lettera di protesta al Presidente della Regione Abruzzo , al Sub Commissario alla Sanità, al Direttore Generale della Asl di Pescara e per conoscenza al Collegio Ipasvi di Pescara, denunciando di fatto l’intenzione da parte dell’azienda di appaltare le prestazioni del personale infermieristico.

La Regione Abruzzo dal canto suo, in data 8.03.14, rispose alla nostra lettera di protesta, asserendo che le ASL potevano utilizzate gli Infermieri “interinali” solo per rispondere alle esigenze lavorative temporanee ed eccezionali.

In data 26.7.14  una  nuova lettera viene inviata alla nuova Giunta Regionale.

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Risp. REg. 2013

Risposta Ipasvi

Risp. Reg.2014

Risposta asl Pe

17.01.2007 TRIBUNALE di MONZA – ( imperizia e negligenza, quando non è
responsabile il medico ma l’infermiera).
§ - Posto che lo strumento processuale della C.T.U. può costituire fonte oggettiva di prova
tutte le volte che opera come strumento di accertamento di situazioni di fatto rilevabili
esclusivamente attraverso il ricorso a determinate cognizioni tecniche, nel caso specifico la
relazione del consulente tecnico ha consentito di acclarare un evidente profilo di
responsabilità del personale ausiliario e, più segnatamente, della infermiera professionale
incaricata di porre la "piastra indifferente" a contatto della coscia destra della paziente. Più
precisamente, è stato ravvisato un profilo di negligenza dell'ausiliaria consistito nell'aver
causato l'ustione in conseguenza del "posizionamento non corretto del braccio destro lungo il
corpo della paziente" con esclusione di qualsivoglia responsabilità professionale dei chirurghi
e dell'anestesista che eseguirono l'intervento di rinosettoplastica sulla paziente considerato
che l'infermiera professionale "deve essere in grado di eseguire correttamente i compiti, di
sua pertinenza, che gli vengono affidati dai medici".
17.01.2007 TRIBUNALE di MONZA – ( imperizia e negligenza, quando non è
responsabile il medico ma l’infermiera).
§ - Posto che lo strumento processuale della C.T.U. può costituire fonte oggettiva di prova
tutte le volte che opera come strumento di accertamento di situazioni di fatto rilevabili
esclusivamente attraverso il ricorso a determinate cognizioni tecniche, nel caso specifico la
relazione del consulente tecnico ha consentito di acclarare un evidente profilo di
responsabilità del personale ausiliario e, più segnatamente, della infermiera professionale
incaricata di porre la "piastra indifferente" a contatto della coscia destra della paziente. Più
precisamente, è stato ravvisato un profilo di negligenza dell'ausiliaria consistito nell'aver
causato l'ustione in conseguenza del "posizionamento non corretto del braccio destro lungo il
corpo della paziente" con esclusione di qualsivoglia responsabilità professionale dei chirurghi
e dell'anestesista che eseguirono l'intervento di rinosettoplastica sulla paziente considerato
che l'infermiera professionale "deve essere in grado di eseguire correttamente i compiti, di
sua pertinenza, che gli vengono affidati dai medici".
Oggetto : Lavoro: luogo dell'infortunio in itinere. Sentenza Corte di Cassazione
n.10028/2010 del 27 aprile 2010
Non può riconoscersi il ricorrere dell’infortunio in itinere nel caso di una lavoratrice infortunatosi al femore mentre scendeva dalla propria autovettura, di ritorno dal lavoro, all’interno dell’area condominiale di fronte alla propria abitazione. Questo in sintesi il ragionamento seguito dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione nella formulazione della sentenza n. 10028 del 27 Aprile 2010.
Sentenza Corte di Cassazione n.10028/2010 del 27 aprile 2010
Non può riconoscersi il ricorrere dell’infortunio in itinere nel caso di una lavoratrice infortunatosi al femore mentre scendeva dalla propria autovettura, di ritorno dal lavoro, all’interno dell’area condominiale di fronte alla propria abitazione. Questo in sintesi il ragionamento seguito dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione nella formulazione della sentenza n. 10028 del 27 Aprile 2010.