Falso in atto pubblico, aggiornare la cartella clinica «ora per allora»

Suprema Corte di Cassazione Penale Quinta Sezione
Sentenza 29 maggio – 11 settembre 2013, n. 37314
(Presidente Ferrua – Relatore Lignola)

Nella sentenza in commento, la Cassazione ha precisato che integrano il reato di falso in atto pubblico, disciplinato dall’art. 476 c.p., aggiornare la cartella clinica in più tempi ovvero in momenti successivi poichè è del tutto irrilevante la veridicità del contenuto della modifiche apportate e, inoltre, il contenuto della cartella deve rappresentare in ogni momento la fase della malattia del paziente.

Il caso esaminato dalla Corte riguardava una dipendente ospedaliera che, a distanza di tempo, aveva inserito nella cartella una dicitura specifica relativa a degli esami affrontati dal paziente che, tra le altre cose, non era stata neppure informato. Per questo motivo la donna veniva sottoposta a procedimento penale per il reato di falso materiale in atto pubblico.

 

Art. 476 Codice Penale
Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

 

 

Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni.

 

Perde il posto l’infermiera che si rifiuta di svolgere mansioni di pulizia Corte di Cassazione Sezione Lavoro Sentenza 11 febbraio – 5 maggio 2016, n. 9060

cassazione

Corte di Cassazione Sezione Lavoro Sentenza 11 febbraio –

5 maggio 2016, n. 9060 Perde il posto l’infermiera che si rifiuta  di svolgere mansioni di pulizia Corte di Cassazione Sezione Lavoro

Sentenza 11 febbraio – 5 maggio 2016, n. 9060
Presidente Amoroso – Relatore Bronzini

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Catanzaro rigettava con sentenza dell’11.6.2010 la domanda proposta da A.G. di dichiarare, previo accertamento dell’ingiusto demansionamento subito, l’illegittimità dei licenziamento per giustificato motivo soggettivo da parte dei datore di lavoro Casa di cure Villa dei Sole srl per aver opposto il proprio rifiuto allo svolgimento delle mansioni di pulizia delle scale e dei reparti, reputate inferiori rispetto alle mansioni del profilo di inquadramento.

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Cassazione. Ilmedico sbaglia dosaggio del farmaco e il pazientemuore. Responsabile anche l’infermiera che glielo ha somministrato senza accorgersi dell’errore nella prescrizione

Il caso riguarda la morte di un paziente al quale era stata somministrata
una dose eccessiva di cloruro di potassio. Secondo la Corte, infatti, pur
essendo la prescrizione di farmaci competenza delmedico, in caso di
prescrizione incompleta, errata o insufficiente è dovere dell’infermiere al
quale la prescrizione era stata delegata intervenire inmodo interlocutorio e,
se del caso, integrare la prescrizionemedica.
25MAG - La Corte di cassazione (III sezione civile, sentenza 12 aprile 2016, n.
7106) interviene per l’ennesima volta sulla responsabilità di equipe con particolare
riferimento al rapporto medico-infermiere con una interessante sentenza destinata a
fare discutere, ma che oramai si inserisce in un filone giurisprudenziale consolidato,
relativo a una responsabilità condivisa nella duplice attività di
prescrizione/somministrazione di farmaci.
Come è noto, didascalicamente, possiamo suddividere tali competenze
Il caso riguarda la morte di un paziente al quale era stata somministrata una dose eccessiva di cloruro di potassio. Secondo la Corte, infatti, pur essendo la prescrizione di farmaci competenza delmedico, in caso di prescrizione incompleta, errata o insufficiente è dovere dell’infermiere al quale la prescrizione era stata delegata intervenire inmodo interlocutorio e, se del caso, integrare la prescrizionemedica. La Corte di cassazione (III sezione civile, sentenza 12 aprile 2016, n. 7106) interviene per l’ennesima volta sulla responsabilità di equipe con particolare riferimento al rapporto medico-infermiere con una interessante sentenza destinata a fare discutere, ma che oramai si inserisce in un filone giurisprudenziale consolidato, relativo a una responsabilità condivisa nella duplice attività di prescrizione/somministrazione di farmaci.

Interpello su salute e sicurezza n. 5 / 2016 del 12/05/2016 Istanza: Applicazione del d.lgs. n. 81/2008 agli studi associati degli infermieri. Destinatario: IPASVI

La Federazione Nazionale dei Collegi degli Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d’Infanzia (IP.AS.VI.) ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito all’applicabilità del d.lgs. n. 81/2008 agli studi professionali infermieristici, in particolare chiedendo “se:
1. gli infermieri associati rientrano nella definizione di “lavoratore”;
2. gli studi professionali a cui gli infermieri sono associati sono considerati “datori di lavoro”;
3. agli infermieri è applicabile l’art. 21 del decreto in parola;
4. gli infermieri che prestano la loro attività in strutture esterne (RSA e case di cura) e queste strutture esterne sono datori di lavoro rientrano nel campo di applicazione dell’art. 26;
5. se tale articolo 26 è fuori causa quando è diretto il rapporto fra lo studio associato e il cliente”.
Al riguardo la Commissione rileva, preliminarmente, che la materia di cui trattasi è oggi
La Federazione Nazionale dei Collegi degli Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d’Infanzia (IP.AS.VI.) ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito all’applicabilità del d.lgs. n. 81/2008 agli studi professionali infermieristici, in particolare chiedendo “se:
1. gli infermieri associati rientrano nella definizione di “lavoratore”;
2. gli studi professionali a cui gli infermieri sono associati sono considerati “datori di lavoro”;
3. agli infermieri è applicabile l’art. 21 del decreto in parola;
4. gli infermieri che prestano la loro attività in strutture esterne (RSA e case di cura) e queste strutture esterne sono datori di lavoro rientrano nel campo di applicazione dell’art. 26;
5. se tale articolo 26 è fuori causa quando è diretto il rapporto fra lo studio associato e il cliente”.