Tempo "tuta": quando deve essere retribuito Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 26/01/2016 n° 135

L'eterodeterminazione del tempo e del luogo ove indossare la divisa o gli indumenti necessari per la prestazione lavorativa, che fa rientrare il tempo necessario per la vestizione e svestizione nell'ambito del tempo di lavoro retribuito, può derivare dall'esplicita disciplina d'impresa, o risultare implicitamente dalla natura degli indumenti da indossare o dalla specifica funzione che essi devono assolvere nello svolgimento della prestazione.

È questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 1352/2016, depositata il 26 gennaio.

Nel caso de quo, i lavoratori di una cooperativa sociale operante nel settore dell’assistenza agli anziani, convenivano in giudizio la datrice di lavoro per ottenere il pagamento del tempo necessario ad indossare e svestire la divisa, imposta loro per lo svolgimento della prestazione.

Soccombenti in primo e in secondo grado, i lavoratori adivano la Corte di Cassazione, lamentando la violazione della normativa italiana ed europea in tema di orario di lavoro.

La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha osservato in via preliminare che, per consolidata giurisprudenza anche comunitaria, al fine di valutare se il tempo occorrente per tale operazione debba essere retribuito o meno, occorre distinguere: se al lavoratore è data facoltà di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa o gli indumenti (anche eventualmente presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro), la relativa operazione fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell'attività lavorativa, e come tale il tempo necessario per il suo compimento non dev' essere retribuito. Se, invece, le modalità esecutive di detta operazione sono imposte dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione, l'operazione stessa rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario dev' essere retribuito.

Tale impostazione, aggiunge la Corte, richiede un'ulteriore precisazione, necessaria al fine di valutare la fattispecie oggetto di causa. L'eterodeterminazione del tempo e del luogo ove indossare la divisa o gli indumenti necessari per la prestazione lavorativa, che fa rientrare il tempo necessario per la vestizione e svestizione nell'ambito del tempo di lavoro, può derivare dall'esplicita disciplina d'impresa, o risultare implicitamente dalla natura degli indumenti da indossare o dalla specifica funzione che essi devono assolvere nello svolgimento della prestazione.

Nella fattispecie, osserva la Suprema Corte, la Corte territoriale, in assenza di una specifica disciplina contrattuale, ha concluso che potesse escludersi un obbligo per i lavoratori di indossare la divisa in azienda, in considerazione del fatto che i lavoratori non svolgono mansioni infermieristiche né lavorano in strutture ospedaliere, sicché è sufficiente che si presentino con una divisa pulita, anche se indossata prima di muoversi da casa.

La Corte territoriale non ha però valutato le risultanze di causa onde desumerne quale sia il grado di igiene richiesto per l'espletamento della prestazione e se esso possa essere realmente garantito dal tragitto che i lavoratori devono compiere prima di entrare nel luogo di lavoro.

Inoltre, non ha analizzato le caratteristiche della divisa imposta per l'espletamento della prestazione in tutte le sue componenti, per esaminare se essa potesse essere indossata dai lavoratori in luogo diverso da quello di lavoro, secondo un criterio di "normalità sociale" dell'abbigliamento

Infermieri professionali. I giudici: “Non c’è l’obbligo di iscrizione all’Ipasvi per chi lavora nella PA” 6.03.06

Lo ha stabilito il Tribunale di Venezia che ha assolto un infermiere professionale (dipendente di una cooperativa e in possesso di tutti i titoli di studio) dall’accusa di abusivismo per non essere iscritto all’Ipasvi. Assolto anche il presidente della cooperativa accusato di omessa denuncia. Il motivo? Per i giudici manca il decreto legislativo che avrebbe dovuto prevedere obbligo iscrizione anche per i dipendenti pubblici.

Manca il decreto che istituisce gli albi per le professioni sanitarie con l’obbligo di iscrizione anche per i dipendenti pubblici. Questa la ratio seguita dai giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Venezia che ha assolto un infermiere professionale (dipendente di una cooperativa e in possesso di tutti i titoli di studio) dall’accusa di abusivismo per non essere iscritto all’Ipasvi. Assolto anche il presidente della cooperativa accusato di omessa denuncia. Il motivo? Vediamo cosa dice la sentenza:
“La legge 43/2006 ha istituito gli Ordini professionali, ma avrebbero dovuto essere creati gli Albi per ognuna delle professioni indicate, quindi anche per quella di infermiere professionale, con obbligatorietà d’iscrizione pure per i pubblici dipendenti, però la mancata emanazione del decreto legislativo delegato ha impedito la effettiva attuazione di tale previsione normativa. Consegue che rimane vigente la disciplina di cui al D.Lvo 233/1946, secondo cui l’obbligo d’iscrizione all’Albo è previsto solo per gli esercenti la professione sanitaria, non già per i sanitari che lavorino per la Pa. Pertanto, va ritenuto pacificamente che l’infermiere abbia lavorato, sulla base di un titolo professionale adeguato, idoneo e riconosciuto, quale dipendente (di una cooperativa) e non quale libero professionista per cui non tenuto obbligatoriamente all’iscrizione all’Albo”.

Così la seconda sezione penale del Tribunale di Venezia ha assolto dall'accusa di abusivismo un infermiere che senza essere iscritto all’albo professionale esercitava la professione d’infermiere professionale presso il Pronto soccorso dell’Ospedale di Mirano (Aulss 13) e il presidente della Cooperativa titolare dell’appalto perché aveva omesso di attivarsi, ancorché consapevole, al fine d’impedire la presunta abusiva attività d’infermiere professionale da parte del socio della cooperativa.

Lavori usuranti :entro il 1° marzo le domande di accesso alla pensione

Entro il 1° marzo 2016 potranno essere presentate le domande di riconoscimento dello svolgimento di lavori particolarmente faticosi e pesanti per i lavoratori che maturano i requisiti agevolati per l’accesso al trattamento pensionistico dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016.

La domanda può essere presentata anche da lavoratori dipendenti che hanno svolto detti lavori e che raggiungono il diritto alla pensione di anzianità con il cumulo della contribuzione versata in una delle Gestioni Speciali dei lavoratori autonomi secondo le regole previste per dette Gestioni Speciali.

L’Inps, con il  messaggio n. 386 del 29 gennaio 2016, ricorda che la presentazione delle domande oltre il suddetto termine comporta, in caso di accertamento positivo dei requisiti, il differimento della decorrenza della pensione anticipata pari a:

  • un mese, per un ritardo della presentazione compreso in un mese;
  • due mesi, per un ritardo della presentazione superiore ad un mese ed inferiore a tre mesi;
  • tre mesi, per un ritardo della presentazione pari o superiore a tre mesi.

Circolare Inps ------   Modulo adesione

Oggetto:Precisazioni personale di supporto OSS e Infermieri Competenze e Responsabilità in riferimento a lettera di risposta inviata per Ortopedia e Traumatologia PO Pescara dal Dott. Bozzi Marcello

Il Sindacato Nursind Segreteria Regionale e Provinciale in risposta alla sua nota del 4
febbraio 2016 deve doverosamente chiarire alcuni aspetti che oramai sembravano assodati
ma a quanto pare no.
Si fa presente che il Decreto Ministeriale del 14 settembre 1994 n.739 attribuisce all’Infermiere
la responsabilità oggettiva, cioè il dovere di soddisfare i bisogni primari del paziente attraverso
le figure di supporto e non direttamente. Se così non fosse anche il Direttore U.O.C., quale
responsabile di tutta l’attività assistenziale svolta nella propria U.O. (D.P.R. n. 128/69),
dovrebbe provvedere ad esempio al giro letti ecc. ecc., cosa che ovviamente le sembrerà
assurda ma che reputa sia normale venga svolta dall’infermiere.
Confondere le responsabilità con le competenze è uno dei vecchi metodi usati dalle
Direzioni, anche e soprattutto infermieristiche, per sfruttare e demansionare il professionista
Infermiere. Le mansioni igienico-domestico-alberghiere, la cosiddetta assistenza diretta,
vengono definite dalla Suprema Corte (Sent. N. 1078 RG n. 9518/80, Cron. 2210 del 09
febbraio 1985) come attività elementari o meramente esecutive e non son MAI state attribuite
all’Infermiere “Professionale” ma all’Infermiere Generico, già dal lontano 1974 con il D.P.R.
n.225; nella stessa sentenza i giudici ermellini hanno anche decretato che “non compete
all’infermiere ma al personale subalterno rispondere ai campanelli dell’unità del paziente,
usare padelle e pappagalli per l’igiene del malato e riassettare il letto”.
Il Sindacato Nursind Segreteria Regionale e Provinciale in risposta alla sua nota del 4 febbraio 2016 deve doverosamente chiarire alcuni aspetti che oramai sembravano assodati ma a quanto pare no. Si fa presente che il Decreto Ministeriale del 14 settembre 1994 n.739 attribuisce all’Infermiere
la responsabilità oggettiva, cioè il dovere di soddisfare i bisogni primari del paziente attraverso le figure di supporto e non direttamente. Se così non fosse anche il Direttore U.O.C., quale responsabile di tutta l’attività assistenziale svolta nella propria U.O. (D.P.R. n. 128/69),
dovrebbe provvedere ad esempio al giro letti ecc. ecc., cosa che ovviamente le sembrerà assurda ma che reputa sia normale venga svolta dall’infermiere. Confondere le responsabilità con le competenze è uno dei vecchi metodi usati dalle Direzioni, anche e soprattutto infermieristiche, per sfruttare e demansionare il professionista Infermiere. Le mansioni igienico-domestico-alberghiere, la cosiddetta assistenza diretta, vengono definite dalla Suprema Corte (Sent. N. 1078 RG n. 9518/80, Cron. 2210 del 09 febbraio 1985) come attività elementari o meramente esecutive e non son MAI state attribuite all’Infermiere “Professionale” ma all’Infermiere Generico, già dal lontano 1974 con il D.P.R. n.225; nella stessa sentenza i giudici ermellini hanno anche decretato che “non compete all’infermiere ma al personale subalterno rispondere ai campanelli dell’unità del paziente,
usare padelle e pappagalli per l’igiene del malato e riassettare il letto”.

Tessera professionale: da oggi 18.01.16 è in vigore. Ecco come e dove richiederla

18/01/2016 - Da oggi gli infermieri possono richiedere la Tessera professionale europea creando un account nel sistema IMI ((Internal Market Information) e presentando la domanda, allegando tutti i documenti in formato digitale.

Da oggi 18 gennaio 2016, come prescrive la  Direttiva 2013/55/UE (art. 4), pubblicata il 17 gennaio 2014 nella G.U.C.E. L. 354/132 del 28.12.2013, le cinque professioni pilota (infermieri, farmacisti, fisioterapisti, guide alpine, agenti immobiliari) possono richiedere la Tessera professionale europea e questo è possibile anche a prescindere dall'approvazione definitiva del decreto legislativo di recepimento della direttiva ancora alla Camera per il prescritto parere.

Per richiederla basta accedere al sistema, creare un account personale e presentare la domanda allegando tutti i documenti in formato digitale, previa scansione della documentazione e creazione del fascicolo IMI (Internal Market Information).

Questo il link a cui registrarsi per accedere al sistema di informazione del mercato interno (IMI):

http://ec.europa.eu/internal_market/imi-net/index_en.htm


http://ec.europa.eu/internal_market/imi-net/index_it.htm


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