“Il fenomeno dell'esposizione occupazionale al rischio biologico negli operatori sanitari rappresenta – sottolinea il senatore - non solo un problema di tutela della salute del lavoratore ma è un vero e proprio problema sociale nella misura in cui l'operatore sanitario espone al rischio di contagio altri membri della società”. In particolare, in campo sanitario, i lavoratori sono quotidianamente esposti al contatto accidentale con sangue e con altri materiali biologici, potenzialmente infetti e dunque a forte rischio di contagio. Tra gli agenti patogeni trasmissibili a seguito di un'esposizione accidentale risaltano, per la gravità delle patologie a loro associate, i virus dell'immunodeficienza umana (HIV), dell'epatite C (HCV) e dell'epatite B (HBV).
In Italia invece il problema è che, nonostante le numerose norme in vigore e la diffusione di molte iniziative di prevenzione, “non vi è una normativa ad hoc che renda obbligatorio l'uso di aghi e di dispositivi di sicurezza – continua - è necessario, quindi, garantire il massimo livello di sicurezza nel comparto del lavoro ospedaliero sia ai lavoratori che ai pazienti”.
“Il fenomeno dell'esposizione occupazionale al rischio biologico negli operatori sanitari rappresenta non solo un problema di tutela della salute del lavoratore ma è un vero e proprio problema sociale nella misura in cui l'operatore sanitario espone al rischio di contagio altri membri della società”. In particolare, in campo sanitario, i lavoratori sono quotidianamente esposti al contatto accidentale con sangue e con altri materiali biologici, potenzialmente infetti e dunque a forte rischio di contagio. Tra gli agenti patogeni trasmissibili a seguito di un'esposizione accidentale risaltano, per la gravità delle patologie a loro associate, i virus dell'immunodeficienza umana (HIV), dell'epatite C (HCV) e dell'epatite B (HBV).In Italia invece il problema è che, nonostante le numerose norme in vigore e la diffusione di molte iniziative di prevenzione, “non vi è una normativa ad hoc che renda obbligatorio l'uso di aghi e di dispositivi di sicurezza è necessario, quindi, garantire il massimo livello di sicurezza nel comparto del lavoro ospedaliero sia ai lavoratori che ai pazienti”.
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 97 del 26 aprile 2013 è stata pubblicata circolare n. 1 del 25 gennaio 2013 con cui il Dipartimento della Funzione Pubblica fornisce le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione, così come previsto dalla L. 190/2012 (Disposizioni per laprevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblicaamministrazione).
Come precisa la circolare, benché nella citata legge manchi una definizione di «corruzione», il relativo concetto deve essere inteso in senso ampio, come comprensivo delle varie situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere
a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati.
In base alla nuova legge, le strategie di prevenzione e contrasto della corruzione derivano dall’azione sinergica di tre soggetti:
a) il Comitato interministeriale, che ha il compito di fornire indirizzi attraverso l’elaborazione delle linee guida;
b) il Dipartimento della funzione pubblica, che opera come soggetto promotore delle strategie di prevenzione e come coordinatore della loro attuazione;
c) la CIVIT, che, in qualità di autorità nazionale anticorruzione, svolge funzioni di raccordo con le altre autorità ed esercita poteri di vigilanza e controllo per la verifica dell’efficacia delle misure di prevenzione adottate dalle amministrazioni nonché sul rispetto della normativa in materia di trasparenza.
Il contesto nel quale le iniziative e strategie sono adottate è quello disegnato dalle norme nazionali ed internazionali in materia, soprattutto dalla Convenzione ONU contro la corruzione adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003 e ratificata dall’Italia con L. 116/2009.
Con la circolare in oggetto, il Dipartimento della funzione pubblica ha inteso perseguire l’obiettivo di fornire informazioni e prime indicazioni all’amministrazione, con particolare riferimento alla figura del responsabile della prevenzione della corruzione, considerato il delicato compito organizzativo e di raccordo che deve essere svolto da quest’organo.
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 97 del 26 aprile 2013 è stata pubblicata circolare n. 1 del 25 gennaio 2013 con cui il Dipartimento della Funzione Pubblica fornisce le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione, così come previsto dalla L. 190/2012 (Disposizioni per laprevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblicaamministrazione).Come precisa la circolare, benché nella citata legge manchi una definizione di «corruzione», il relativo concetto deve essere inteso in senso ampio, come comprensivo delle varie situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati.In base alla nuova legge, le strategie di prevenzione e contrasto della corruzione derivano dall’azione sinergica di tre soggetti:
a) il Comitato interministeriale, che ha il compito di fornire indirizzi attraverso l’elaborazione delle linee guida;
b) il Dipartimento della funzione pubblica, che opera come soggetto promotore delle strategie di prevenzione e come coordinatore della loro attuazione;
c) la CIVIT, che, in qualità di autorità nazionale anticorruzione, svolge funzioni di raccordo con le altre autorità ed esercita poteri di vigilanza e controllo per la verifica dell’efficacia delle misure di prevenzione adottate dalle amministrazioni nonché sul rispetto della normativa in materia di trasparenza.Il contesto nel quale le iniziative e strategie sono adottate è quello disegnato dalle norme nazionali ed internazionali in materia, soprattutto dalla Convenzione ONU contro la corruzione adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003 e ratificata dall’Italia con L. 116/2009.Con la circolare in oggetto, il Dipartimento della funzione pubblica ha inteso perseguire l’obiettivo di fornire informazioni e prime indicazioni all’amministrazione, con particolare riferimento alla figura del responsabile della prevenzione della corruzione, considerato il delicato compito organizzativo e di raccordo che deve essere svolto da quest’organo.
La scrivente Organizzazione Sindacale NurSind della Provincia di Pescara .
In seguito alla soppressione della guardia interdivisionale chirurgica dal 01.02.13 riguardante il turno dalle ore 20 alle ore 8 che riguardavano i reparti di chirurgia 1, chirurgia 3 ed urologia.
Il reparto di Urologia attualmente è priva della guardia medica notturna attiva , il medico è reperibile e ciò si ripercuote sull’assistenza infermieristica, sulla sicurezza sia dell’assistito che dell’operatore infermieristico che quasi sempre nel turno notturno lavora da solo.
La scrivente Organizzazione Sindacale NurSind della Provincia di Pescara è stato fatto partecipe delle problematiche del reparto di Urologia che In seguito alla soppressione della guardia interdivisionale chirurgica dal 01.02.13 riguardante il turno dalle ore 20 alle ore 8 che riguardavano i reparti di chirurgia 1, chirurgia 3 ed urologia. Il reparto di Urologia attualmente è priva della guardia medica notturna attiva , il medico è reperibile e ciò si ripercuote sull’assistenza infermieristica, sulla sicurezza sia dell’assistito che dell’operatore infermieristico che quasi sempre nel turno notturno lavora da solo.
Nel caso di questa sentenza (n. 12376/2013, Sesta sezione penale della Cassazione) propenderei per dare completa ragione ai giudici di Cassazione, che nel rifiuto di un medico chirurgo di intervenire in un caso di emergenza hanno ravvisato una negligenza meritevole di condanna.
Oltretutto nella fattispecie la negligenza del medico costata la vita ad un ragazzo minorenne.
Il Tribunale di Perugia, con sentenza del 6/10/2009, aveva riconosciuto colpevole e condannato il medico U.D., accusato di essersi rifiutato di intervenire per un caso di urgenza. Nonostante il professionista, un dirigente medico di primo livello presso la struttura complessa di cardiochirurgia dell'ospedale di S. Maria della Misericordia di Perugia, fosse incaricato del servizio di reperibilità esterna quale primo reperibile, nonostante i ripetuti solleciti telefonici, non aveva reputato necessario intervenire. IN questo modo aveva violato gli art. 328 c.p. e l'art. 17 del C.C.N.L. dei dirigenti medici. La sentenza era stata confermata anche dalla Corte d'Appello di Perugia (sentenza del 25/05/2012).